
Tipo di lenti e grado di protezione
L’Unione Europea classifica gli occhiali da sole come “dispositivo di protezione individuale” (DPI). Le lenti oftalmiche dotate di filtri selettivi per i raggi ultravioletti (UV) assolvono, infatti, la funzione di proteggere le strutture oculari dai rischi dovuti alle radiazioni solari.
Per questo motivo, gli occhiali da sole devono essere fabbricati a regola d’arte e rispettare prestabiliti standard di sicurezza e qualità.
I raggi ultravioletti innescano, inoltre, una produzione eccessiva di radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento di cellule e tessuti (occhi inclusi). Nel tempo, questo fenomeno può favorire la progressiva opacizzazione del cristallino (struttura che filtra e proietta la luce sulla retina) da cui può conseguire lo sviluppo della cataratta. La luce blu – nello spettro del visibile, al confine con i raggi UV – aumenta, invece, il rischio di degenerazione maculare.
Le lenti da sole sono dotate di un filtro anti-UV, capace di assorbire le radiazioni di tipo A e B (UVA e UVB), che sono maggiormente dannose per l’occhio rispetto a quelle della luce visibile.
I raggi ultravioletti derivano in gran parte dal sole e comprendono la porzione di spettro elettromagnetico con una lunghezza d’onda compresa tra 100 e 400 nanometri (nm).
Le radiazioni UV sono classificate in tre categorie:
UVA (315-400 nm): sono le radiazioni ultraviolette che penetrano in profondità nella pelle, promuovono il rilascio della melanina dai melanociti e l’abbronzatura. Gli UVA rappresentano una sottile minaccia: sono presenti anche nei giorni con cielo coperto e nuvoloso e, a differenza delle scottature solari causate dagli UVB, non creano particolare disagio ed il loro impatto può manifestarsi anche dopo anni. Per quanto riguarda l’occhio, gli UVA possono contribuire a determinare l’opacità del cristallino (cataratta), dermatiti palpebrali, pterigio, congiuntiviti e cheratiti, mentre i danni alla retina sembrano essere limitati. La comparsa di queste problematiche sono direttamente proporzionali alla frequenza di esposizione. L’effetto degli UVA è ridotto da occhiali da sole ed è ostacolato da indumenti protettivi e filtri da applicare sulla pelle.
UVB (280-315 nm): sono potenzialmente più dannosi e cancerogeni degli UVA, ma producono un’azione stimolante la neosintesi di melanina e attivano il metabolismo della vitamina D. Come accade per gli UVA, l’esposizione a questo tipo di radiazioni solari possono predisporre all’insorgenza di diversi problemi oculari.
UVC (100-280 nm): sono le radiazioni più pericolose; fortunatamente, però, questa tipologia di radiazione solare viene schermata dallo strato di ozono nell’atmosfera terrestre, quindi non raggiungono, in genere, il suolo (la maggior parte dei raggi ultravioletti che raggiungono la superficie terrestre sono, infatti, UVA e, in piccola parte, UVB).
Se l’occhio venisse esposto per troppo tempo agli UVC, si avrebbero problemi riguardanti per lo più cornea e congiuntiva.
UV: Fattori che ne aumentano la pericolosità
In generale, la capacità di penetrazione degli UV, quindi la loro “pericolosità” aumenta al diminuire della lunghezza d’onda e, di conseguenza, all’aumentare della frequenza.
Altro dettaglio da non sottovalutare è che le radiazioni UV sono più intense:
Al crescere dell’altitudine (ogni 1000 metri di altezza i livelli di UV incrementano del 10-12%);
Quando il sole è prossimo al mezzogiorno astronomico, cioè raggiunge la massima altezza per la latitudine a cui ci si trova;
Al diminuire della nuvolosità.
Altri fattori ambientali che influenzano i livelli di UV sono lo strato di ozono e la capacità riflettente della superficie terrestre.
Lo consiglio!
Simone B.
2021-12-29 16:36:00